martedì 14 gennaio 2014

L' Anno inizia con nuove aggressioni.


La calma apparente nel periodo di Natale è finita molto rapidamente per la nostra comunità di Pace di San Josè di Apartadò. Le istituzioni statali stanno violando la nostra privasy,gli attori armati continuano ad essere presenti nel nostro territorio sparando con le loro armi e seminando terrore.

Militari e paramilitari sono tornati al periodo in cui la criminalità era più forte nella loro azione, non più solo per annunciare massacri e aggressioni, ma ribadendo i loro posti di blocco illegali sulla strada cercando i nostri leader per sterminarli.

Tutto questo in assoluta mancanza di protezione, in cui lo stato si rifiuta di controllare i suoi agenti diretti e diretti nelle loro pratiche criminali.

Per questo motivo, ancora una volta, facciamo conoscere al paese e al mondo le ultime aggressioni:

MARTIDI 31 DICEMBRE 2014,verso le ore 11.00 i funzionari del difensore civico per i diritti umani (Defensoria del Pueblo) sono entrati nel nostro insediamento privato senza autorizzazione, ignorando cosi le recinzioni a i cartelli che delimitano il nostro territorio.

Essi si sono giustificati dicendo che l'hanno fatto perchè credevano che dopo la richiesta di perdono fatta dal presidente Santos alla nostra comunità di Pace, non vi era più alcuna limitazione o restrizione del dialogo e della relazione tra la comunità e le istituzioni, ignorando cosi la privasy dei nostri spazi.

SABATO 5 E DOMENICA 6 GENNAIO 2014 detonazioni di manufatti esplosivi si sono sentiti nelle zone rurali di Mulatos e La Resbalosa. Si teme che ci possano essere morti o feriti come conseguenza di queste esplosioni.

MARTEDI 7 GENNAIO 2014, verso le 18:30, un combattimento intenso si è verificato nella zona conosciuta come La Antena nel comune di San Josè provocando il terrore nella popolazione civile della zona.

MERCOLEDI 8 GENNAIO 2014 verso le ore14:15, nel luogo noto come Tierra Amarilla, lungo la strada che collega Apartadò e San Josè de Apartadò, tre paramilitari armati in abiti civili hanno bloccato un pulmino diretto a San Josè.
Hanno chiesto se a bordo vi era German Gracioso Posso, Legale Rappresentante della Comunità di Pace.
Ma German fortunatamente solo all'ultimo momento aveva deciso di non prendere quel pulmino.
- Vale la pena ricordare che lo stesso giorno nelle ore mattutine, la polizia aveva installato un posto di blocco a pochi minuti di distanza de Tierra Amarilla.-
I paramilitari quando hanno capito che German non era presente in quel veicolo prima di andare via hanno minacciato tutti che se volevano continuare a vivere non dovevano dire nulla sull'accaduto.
Tutto lascia pensare che i loro obiettivi sono quelli di assassinare o sequestrare i nostri rappresentanti legali.

Il luogo,dove erano in attesa  German, è il luogo dove la presenza del paramilitarismo negli ultimi anni è stata intensa e i loro posti di blocco in questo stesso luogo hanno portato alla morte o sparizione forzata numerosi membri della nostra comunità di Pace.

Informiamo, con la presente, il paese e il mondo di questi fatti. Ancora una volta ringraziamo le numerose comunità e gruppi di Colombia e in molti altri paesi che hanno messo in discussione e criticato le autorità colombiane per la loro complicità in questi crimini e hanno condannato con forza le pratiche che sono assolutamente contrari al rispetto dei diritti di tutti gli esseri umani.
Ancora una volta condanniamo, dalla nostra impotenza, la criminalità ostinata dello Stato che ci governa.

Comunidad de paz de San Josè de Apartadò 

13 gennaio 2014

sabato 4 gennaio 2014

il Presidente della Repubblica, Juan Manuel Santos Calderón, ha chiesto perdono alla nostra Comunità di Pace



COMUNICATO 
DELLA
Comunidad de Paz de San josé de Apartadó


Il Presidente ci ha chiesto perdono

16 dicembre 2013

 Lo scorso 10 dicembre nell’ambito di una cerimonia al Palacio de Nariño per lanciare la Propuesta Política Integral de Derechos Humanos, il Presidente della Repubblica, Juan Manuel Santos Calderón, ha chiesto perdono alla nostra Comunità di Pace in questi termini:

“Da alcuni anni, dalla prima autorità della Nazione, sono state fatte accuse ingiuste alla Comunità di Pace di San José de Apartadó rispetto alle quali la Corte Costituzionale ha ordinato alla Stato, nella persona del suo Presidente, che fossero ritrattate. Oggi desidero, in questa giornata di celebrazione dei diritti umani, davanti al paese e al mondo, portare a termine questa smentita. E lo faccio con una ferma convinzione di democratico, con tutto il significato che comporta questa ritrattazione in termini di giustizia morale per una comunità che ha scommesso su un presente e un futuro di pace. Noi ritrattiamo come Stato e come Stato manifestiamo l’impegno irrinunciabile per il rispetto e la protezione dei Diritti Umani così come il nostro rispetto agli organi giudiziari che tutelano questi diritti. Riconosco nella Comunità di Pace di San José de Apartadó una coraggiosa rivendicazione dei diritti dei colombiani, poiché nonostante abbia sofferto il conflitto sulla propria pelle ha perseverato nel suo proposito di raggiungere la pace per il Paese. Non siamo d’accordo con frasi o atteggiamenti di stigmatizzazione nei confronti di coloro che cercano la pace e rifiutano la violenza ed anzi consideriamo che tutti i difensori della pace e dei diritti umani devono essere elogiati e protetti. PER QUESTO CHIEDIAMO PERDONO, CHIEDO PERDONO”.

Con questo gesto il Presidente ha voluto adempiere in maniera estemporanea all’ordine emanato dalla Corte Costituzionale nell’ Auto n. 164 del 6 luglio 2012[1] nel quale si stabilisce al primo punto risolutivo, ordinare al Ministro dell’Interno che “nel termine massimo di un mese contato a partire dalla comunicazione del presente Auto, coordini e metta in atto il procedimento per la presentazione ufficiale della ritrattazione di fronte alle accuse formulate contro la Comunità di Pace e i suoi accompagnanti, e la definizione di un procedimento per evitare future segnalazioni contro la stessa, come la definizione di un canale unico di comunicazione che riduca i rischi di segnalamento e incoraggi la ricostruzione della fiducia”.

La nostra Comunità di Pace considera positivamente i termini del gesto presidenziale e pensa che con questo si dà compimento a una parte dell’ordine n.1 dell’Auto 164/12 della Corte Costituzionale.

Anche se consideriamo sia positivo che il Presidente Santos abbia riconosciuto l’ingiustizia commessa e che tenti di risarcirla con parole che invitano il Paese e il mondo a rettificare una stigmatizzazione durata 9 anni - che ha giustificato oltre duemila crimini di lesa umanità con i quali hanno cercato di distruggerci -, resta in sospeso l’adempimento della seconda parte dell’ordine emesso dalla Corte Costituzionale che consiste nella “definizione di un procedimento per evitare future segnalazioni contro la stessa, come ad esempio la definizione di un canale unico di comunicazione che riduca i rischi di segnalamento e incoraggi la ricostruzione della fiducia”.

La nostra Comunità è profondamente dispiaciuta di non essere stata contattata in nessun momento dall’ufficio della Presidenza; di non essere stata previamente avvisata del suo proposito di ritrattazione – fatto di cui siamo venuti a conoscenza posteriormente attraverso la stampa – e di non aver valutato in modo concreto e reale le dimensioni e le conseguenze delle calunnie presidenziali in questi nove anni. Da quando è cominciato il mandato del Presidente Santos, la nostra Comunità ha protocollato al suo ufficio 12 diritti di petizione (derechos de petición), contenenti i fatti di barbarie a cui siamo stati e continuiamo ad essere sottomessi da parte dei suoi subordinati. Il Presidente non ha mai fornito alcuna risposta; il suo ufficio si è di fatto limitato a sottoporre i documenti ai nostri stessi carnefici, che in maniera persistente e contumace negano e affermano di non conoscere ciò che abbiamo sofferto sulla nostra pelle da parte delle loro mani criminali. Speriamo che il Signor Presidente decida di conoscere e valutare direttamente il processo sistematico di sterminio che militari e paramilitari in unità d’azione cercano di perpetrare contro di noi. La nostra esperienza di 16 anni passati a seppellire morti, affrontando montature giudiziarie della più alta e raffinata perversità; riparando senza alcun aiuto dello Stato le distruzioni provocate da saccheggi, incendi e distruzioni di case, coltivazioni e beni primari di sussistenza; prendendoci cura delle persone torturate e minacciate, vittime di bombardamenti indiscriminati e di scontri bellici realizzati ostinatamente in mezzo alla popolazione civile contro tutte le prescrizioni della Corte Costituzionale; cercando di evitare con diverse strategie gli avvelenamenti delle nostre fonti d’acqua, lo stupro delle nostre donne, giovani, bambini e perfino animali; le appropriazioni illegali e le incursioni congiunte di militari e paramilitari che mirano soltanto a seminare terrore, a impedire l’esercizio dei diritti civili e politici e a cercare un asservimento dei civili ai loro piani di controllo territoriale militare/paramilitare insieme, a beneficio di imprese con fini inconfessabili; protestando e denunciando lo spaventoso marciume dei poteri giudiziari e disciplinari della zona, che calpesta ogni norma legale e lascia nell’impunità assoluta tutti i crimini… tutta questa sofferenza ci impone con forza l’interrogativo se sia possibile fermare questa barbarie senza prendere una sola misura di correzione e sanzione nei confronti del personale militare e poliziesco che ha controllato la zona durante almeno gli ultimi tre lustri, in stretto coordinamento con strutture paramilitari terribilmente criminali. Perciò ci chiediamo con angoscia: sarà che le sole parole di perdono fermeranno il sistematico crimine contro l’umanità, definito nello Statuto di Roma come PERSECUZIONE, senza prevedere misure reali ed efficaci che chiariscano, correggano, sanzionino e riparino? La nostra Comunità continua ad aspettare almeno quello che la Corte Costituzionale nella sua saggezza ha definito come un procedimento per evitare futuri segnalamenti contro la nostra comunità e un canale unico di comunicazione che riduca i rischi di segnalamento.

Continuiamo anche ad aspettare il compimento delle altre 4 ordinanze impartite dalla Corte Costituzionale nell’Auto 164/12, che non sono state rispettate nei termini stabiliti dalla Corte, restando in attesa di nuove misure: 

- L’istituzione di una Commissione di Valutazione della Giustizia;

- L’istituzione di un progetto di prevenzione e protezione collettivo di vita, integrità, sicurezza e libertà della Comunità di Pace, così come l’adozione di un meccanismo di protezione che non aumenti il rischio per i suoi membri e accompagnanti;

- L’istituzione di un procedimento limpido e trasparente per gestire i reclami e le denunce della comunità di pace, mentre si arrivi a risultati efficaci nella Commissione di Valutazione della Giustizia e si possa istituire nella zona una Casa di Giustizia;

- L’istituzione di un procedimento di revisione e applicazione dei principi del diritto internazionale umanitario che rispetti insieme il dovere costituzionale della forza pubblica e i diritti della Comunità di Pace, alla luce del meccanismo adottato congiuntamente dalla forza pubblica e dalle comunità di pace nel 1998, che escludeva la presenza della forza pubblica nelle zone umanitarie se non per evitare problemi puntuali di ordine pubblico secondo la concezione delle comunità o delle case di giustizia.

Deploriamo profondamente che le decisioni e omissioni del Signor Presidente continuino senza una visibile comprensione del fatto che la nostra Comunità di Pace continua a soffrire un processo di sterminio e violazione dei suoi diritti fondamentali da parte dei suoi diretti subordinati e che, se non prende decisioni drastiche nei confronti di tutto ciò, continuerà a incorrere nella responsabilità di comando sugli esecutori dei crimini contro l’umanità, disattendendo norme concrete della Costituzione Nazionale e dei Trattati Internazionali sui Diritti Umani.

Esempio chiarissimo di tutto ciò è il suo negarsi ad esigere dal Ministro della Difesa l'osservanza della Sentenza 1025/07, malgrado le nostre ormai numerose petizioni affinché impartisca ordini precisi perché venga rispettata. Non concepiamo come l'ostinazione del Ministro della Difesa nel perpetuare in questo oltraggio, non abbia indotto il Presidente a destituire un funzionario che non rispetta la Costituzione e la Legge, e perché continui tollerando l'oltraggio in flagrante violazione della Costituzione Nazionale.

Un altro esempio di tutto ciò è quello di rifiutarsi di ordinare all'Esercito la restituzione alla sua famiglia e alla sua comunità del giovane BUENAVENTURA HOYOS HERNÁNDEZ, fatto sparire forzatamente il 31 agosto scorso nella frazione La Hoz di San José de Apartadó da un gruppo di paramilitari che attuano in stretta collaborazione con le truppe del Batallón Vélez della Brigada XVII dell'Esercito, lo stesso Battaglione che commise l'orrendo massacro del 21 febbraio 2005. Il ripugnante cinismo con cui il Governo risponde agli organismi intergovernativi che gli chiedono di consegnare il giovane scomparso, affermando che lo stanno cercando negli ospedali e ai capolinea dei trasporti, mentre sanno fin troppo bene che truppe congiunte di militari e paramilitari lo hanno sottratto a ogni protezione giuridica dei suoi diritti e lo hanno sommerso in un'assoluta indefinitezza esistenziale. Questo è un caso in più che ci porta a chiederci fino a che punto le parole – incluse quelle che hanno chiesto il Perdono – possano invece servire da copertura alle barbarie e legittimare gli Stati che hanno perfino sottoscritto accordi internazionali come la Convención Interamericana contra la Desaparición Forzata de Personas, cancellando con i fatti quello che si sottoscrive solennemente nei forum delle nazioni.

Il persistere inclemente della PERSECUZIONE ci obbliga ad aggiungere a questo comunicato l'elenco degli ultimi FATTI che abbiamo sofferto:

· Venerdì 6 dicembre 2013, verso le 14.30, nella fazione Miramar si è sentita l’esplosione di una bomba, cosa che ha gettato nel panico la popolazione del luogo. Ci siamo immediatamente ricordati di FRANCISCO PUERTAS, coordinatore di questa Zona Umanitaria della nostra Comunità di Pace, assassinato il 14 maggio 2007 al capolinea dei trasporti di Apartadó, area che per molti anni è stata un luogo di terrore a causa di strutture paramilitari patrocinate dalla Polizia di Urabá. Francisco, con notevoli sforzi, aveva costruito una tettoia di rami intrecciati protetta da recinzioni e bandiere della pace dove la popolazione civile poteva trovare rifugio in momenti come questo. Il Governo, come riportato in un documento consegnato alla Corte Interamericana sui Diritti Umani, si rifiutò di riconoscere questa Zona Umanitaria e, con l'omicidio di Francisco, venne distrutta quest'umile tettoia protettrice. Ora militari e paramilitari diffondono ampie ondate di terrore contro la popolazione del luogo.

· Domenica 8 dicembre 2013 , verso le 14:00, nel centro urbano di San José de Apartadó, si è svolto un combattimento tra guerriglieri e forza pubblica. Come spesso accade, la popolazione del centro urbano e coloro che transitavano nella zona si sono ritrovati in mezzo al fuoco incrociato. Ancora una volta si son potute vedere le conseguenze del rifiuto da parte del Governo di rispettare le varie sentenze della Corte Costituzionale che proibiscono di istituire basi militari e della polizia in mezzo alla popolazione civile, poiché, invece di servire come protezione, finiscono per utilizzare i civili come scudo per i militari, ponendoli così in una situazione di estremo rischio.

Mercoledì 11 dicembre 2013 , in mattinata, una donna che fa parte della nostra Comunità di Pace, è stata abbordata da un funzionario del Dipartimento Amministrativo per la Prosperità Sociale, l'antica Acción Social della Presidenza, che in anni anteriori aveva ricoperto l'incarico di Difensore Comunitario nella zona. Il funzionario le ha offerto di svolgere dei servizi per ottenere un indennizzo amministrativo per un suo familiare vittima della violenza, senza che nessuno venisse a conoscenza dell’illegalità del procedimento. Il funzionario le ha dato ad intendere che molta gente si era comportata così, ed era cosciente del fatto che la nostra Comunità di Pace, nelle assemblee decisionali alle quali partecipano tutti i membri della Comunità, ha deciso di non avallare il meccanismo della riparazione amministrativa, poiché non contempla la giustizia e finisce per considerare le vittime come una merce la cui vita e dignità possono essere scambiate con denaro. Evidentemente questo funzionario compie una strategia clandestina di irrisione e distruzione dei nostri principi etici.

· Negli ultimi giorni siamo venuti a conoscenza delle risposte che la Defensoría del Pueblo ha inoltrato alle comunità e organizzazioni di altri Paesi che hanno reclamato la restituzione con vita del giovane Buenaventura Hoyos, fatto scomparire forzatamente il 31 agosto di quest'anno da gruppi congiunti di militari e paramilitari. La Defensoría ritiene adeguate le risposte del Governo nelle quali si afferma che si sta cercando il giovane in ospedali, cliniche, capolinea di mezzi di trasporto e istituti penitenziari, metodi inadeguati per ottenere la restituzione di un giovane i cui rapitori sono intimamente connessi con agenti dello Stato. Questo è stato confermato da una delegazione di 150 persone che ha visitato la zona tra il 6 e il 10 ottobre scorso nel tentativo di riscattare il giovane. La delegazione era composta da persone che fanno parte di gruppi umanitari di otto diversi paesi, da giornalisti di diversi mezzi di comunicazione e da delegati di comunità indigene e contadine di varie parti del Paese. La Defensoría non ha compiuto con il suo dovere di riscattare il ragazzo obbligando gli agenti statali e parastatali che lo mantengono nella condizione di scomparso, a consegnarlo. Per via di tutto questo non possiamo non vedere in questi atteggiamenti forme di complicità, sapendo che la Defensoría è stata voluta dalla Costituzione del 1991 per attuare e non per essere spettatrice attonita della distruzione di tutti i valori nazionali e universali.

Con questa attestazione la nostra Comunità di Pace vuol far conoscere a tutte le comunità e alle persone che in diverse parti del Paese e del mondo ci hanno aiutato a mantenere alti i nostri valori e principi con solidarietà incorruttibile, e ai numerosi mezzi di comunicazione e organizzazioni e settori della società civile che hanno sollecitato la nostra reazione e analisi riguardo alle dichiarazioni presidenziali di perdono. Nessun evento, per importante che sia, può farci perdere di vista la prospettiva della difesa di alcuni valori e principi che abbiamo costruito in mezzo a spaventose sofferenze, in mezzo a processi di resistenza che sono costati la vita a centinaia di nostri fratelli e sorelle.






* Si ringrazia per la traduzione: Carla Mariani, Gaia Capogna, Floriana Fragnito

[1] Auto, Decreto di ottemperanza di una sentenza già emessa e non osservata , n.d.t.

é possibile scaricare il documento al seguente indirizzo: https://sites.google.com/site/amnestyinternationalgruppo208/colombia/comunidad-de-paz-de-san-jose-de-apartado/ilpresidentecihachiestoperdono