La diga Urra: testimonianza di uno sfollato


Questo articolo è stato originariamente pubblicato sul sito di Operazione Colomba.

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In questo ultimo mese le richieste di accompagnamento ai volontari di Operazione Colomba si sono concentrate nell'area di Cordoba dove le famiglie appartenenti alla Comunità di Pace, ma non solo, sono state minacciate da alcuni paramilitari affinché lasciassero i territori dove vivono. La minaccia di possibili massacri, come già sono avvenuti nel passato, è stata sufficiente a creare un'ondata di panico e di insicurezza tra le famiglie che hanno, quindi, richiesto la presenza internazionale nell'area.
Abbiamo raccolto, e di seguito vi riportiamo, la testimonianza di un membro della Comunità di Pace che ha vissuto lo sfollamento per la costruzione della prima diga Urra (Urra I).
Per intendere meglio le ragioni di tanta violenza bisogna ricordare che il dipartimento di Cordoba è tra i più ricchi della Colombia per la presenza di miniere di carbone, oro, nichel, ferro, nonché per le risorse idriche.
Molte veredas (fattorie), tra cui alcune anche della Comunità di Pace, si trovano in un'area interessata sia dall'estrazione mineraria, che dall'ampliamento del Parco Nudo Paramillo e dalla costruzione della diga Urra II, la seconda dell'area.

Prima che l'impresa URRA iniziasse a interessarsi a questa zona, la situazione era tranquilla, c'era moltissima gente che vi abitava e lavorava la terra, che era molto produttiva. Stiamo parlando di circa dodici anni fa. Il Rio Sinu possedeva il suo corso normale e lungo il suo tragitto c'erano moltissime veredas e centri abitati.
Quando URRA iniziò a pianificare e a mettere in atto il progetto della diga, organizzò molte riunioni in cui veniva spiegato alle persone che vivevano vicine al fiume Sinu, che avrebbero beneficiato della nuova opera. Inoltre, iniziò il processo di appropriazione della terra da parte dell'impresa, che comprò nella zona appezzamenti a prezzi molto inferiori rispetto a quelli pattuiti con i proprietari, oppure espropriò le fattorie e i terreni circostanti in cambio di abitazioni o di parcelle improduttive.

L'impresa convinse molte persone del fatto che, con l'arrivo della diga, l'elettricità sarebbe stata gratis e avrebbero potuto usufruire, per un lungo periodo, di aiuti monetari e di altro tipo, come le sementi per le piante da frutto da coltivare nei nuovi appezzamenti di terreno, che però si erano ridotti a soli 4 ettari, mentre le terre originarie di cui l'impresa si appropriò, coprivano circa 20-30 ettari.
Ad altri, URRA promise di comprare bestiame o di dare i soldi per comprarlo, ma i patti non vennero mai rispettati. Inoltre, l'impresa affermò che avrebbe acquistato solo la terra che sarebbe stata inondata, ma in realtà si impossessò di tutte le fattorie.

Quando le persone sfollate cercarono di ritornare, dato che per loro in città non c'era lavoro, scoprirono che i terreni abbandonati non erano più di loro proprietà. Inoltre, circa quattro anni fa, l'esercito e la polizia hanno bruciato le case della gente che cercava di rientrare; i rappresentanti delle varie veredas si sono riuniti per reclamare la ricostruzione di tutti gli edifici danneggiati, le scuole, i porti, le botteghe, esigendo che l'impresa URRA rispettasse gli accordi che prevedevano la ricostruzione di tutto ciò che era stato distrutto e la manutenzione dei sentieri che collegavano i diversi villaggi.

L'impresa, invece, pagò di nuovo i militari perché minacciassero e uccidessero tutti i leader comunali che stavano protestando e reclamando i propri diritti. Dal 2000 al 2005 furono molti gli assassinii compiuti nella zona: in Alto Joaquin fu ucciso il presidente della Giunta Comunale insieme a un'altra persona e altre tre vennero fatte sparire; in Baltasar per seminare terrore furono assassinati un pastore della chiesa leader della comunità, una professoressa e un'anziana di 80 anni; a Nain furono uccise altre quattro persone e alla Resbalosa una signora.
L'idea di URRA fu quella di associarsi con il paramilitare Adolfo Bejarano (attualmente negli USA), che avrebbe avuto poi il compito di prendere il comando di questa zona per condurre sfollamenti forzati e liberare completamente l'area dalla popolazione civile che, ancora, non aveva ceduto alle offerte di denaro in cambio dell'abbandono della terra.
Tutto ciò si realizzò rapidamente e tutta la popolazione abbandonò l'area, vennero chiuse le scuole e i numerosi negozi.

A partire dal 2006, però, iniziò a rientrare il 25% di tutta la popolazione sfollata, incoraggiata dalla presenza dei vicini che piano piano ripopolavano le diverse veredas senza nessun tipo di aiuto governativo. Con il nuovo progetto di costruzione della seconda diga URRA II sono ricominciate le minacce da parte dei paramilitari, pagati dall'impresa stessa, per spaventare la gente, affinché sfolli da sola, o in caso contrario ucciderla.
In particolare, le minacce contro la Comunità di Pace, che è presente nell'area, si sono fatte più forti a causa delle sue continue denunce di fronte all'opinione pubblica di tali fatti delittuosi”.